OMELIA IN OCCASIONE DELL’ORDINAZIONE DIACONALE DI
VINCENZO FORTE
Parrocchia di San Michele Arcangelo ai Giardini di Corcolle, Sabato 27 settembre 2014
Carissimi fratelli e sorelle,
oggi questa comunità parrocchiale vive con particolare intensità e commozione un momento di grazia atteso, per il quale tanto si è fatto e pregato e che il Signore ci dona di vivere: il vostro Vincenzo Forte viene ordinato diacono permanente di questa nostra Chiesa Tiburtina dopo un lungo cammino di preparazione teologica, di formazione al ministero nella comunità diaconale diocesana e in questa parrocchia, la sua parrocchia, nella quale vive con la sua sposa e la sua famiglia, è catechista di Oratorio, un vero servo di Cristo e della Chiesa che ama entrambi con indiscussa fedeltà e dedizione del cuore.
Del momento che stiamo vivendo desidero innanzitutto rendere grazie a Dio che arricchisce la nostra Chiesa di un nuovo ministro del Vangelo e del calice, di un nuovo consacrato – ossia totalmente dedicato – a Dio: attraverso la preghiera per il nostro popolo santo, a partire da quella quotidiana della Liturgia delle Ore, e al servizio dei poveri. Quei poveri che hanno diversi nomi e ai quali oggi, a nome di Cristo e della Chiesa, io ti mando. I poveri che sono i ragazzi e i giovani che non hanno più chi li ascolti ed educhi, le famiglie che faticano a vivere il “per sempre”, gli anziani e i malati, coloro che nella vita non sanno più sperare perché hanno perduto Dio e quindi il senso della loro esistenza, coloro che mancano di mezzi, degli stretti mezzi necessari per vivere, a partire dal lavoro … Quei poveri che sono gli orfani e le vedove … quelle persone deboli che anche oggi sono senza più nessuno che le protegga e aiuti a far sì che i loro diritti siano rispettati … che sono gli immigrati che faticano ad integrarsi tra noi e che fatichiamo a tollerare poiché – stremati dalla loro povertà – affogano spesso nell’alcool e nell’ozio la loro dignità, non sanno così rispettare le regole di una pacifica e civile convivenza, e perdendo la loro dignità – perché abbandonati a sé stessi anche da chi li ha accolti nel nostro Paese senza poi preoccuparsi del loro futuro – li avvertiamo come un pericolo e così reagiamo con l’intolleranza, la violenza che risponde alla violenza. Quei poveri che sono ancora coloro che sono privi della gioia del Vangelo e della fede: quella fede e quel Vangelo che tu hai avuto il grande dono di incontrare e ricevere e che hai sentito essere il tutto della tua vita, il grande dono della tua vita!
Mentre rendo grazie a Dio per la tua chiamata, desidero ringraziare innanzitutto la tua sposa Anna e la tua famiglia, la tua comunità parrocchiale e specialmente due sacerdoti che ti vogliono bene e ti hanno accompagnato fino a questo momento: Don Domenico Cauteruccio, il nostro Responsabile diocesano per il diaconato permanente e da ultimo, ma non certo ultimo nei pensieri e nel cuore, il carissimo Mons. Salvatore Cassata, il tuo Parroco, che ha atteso questo momento da tanti anni, fin da quando ti individuò come possibile candidato al diaconato, ti indirizzò al cammino formativo, ti ha seguito con il suo zelo sacerdotale e la dedizione alla pastorale parrocchiale e alle anime che tutti gli riconosciamo insieme alla sua bontà, capacità di farsi voler bene e di far voler bene soprattutto a Dio! Grazie dunque anche a te, caro Don Salvatore, se oggi viviamo questo giorno così bello e pieno di speranza!
Vorrei ora, però, che fosse la Parola di Dio di questa XXVI domenica del tempo ordinario a parlare a te, caro Vincenzo, e a tutti noi che oggi ti facciamo corona in attesa poi di rivivere tra poco più di un mese un altro momento di grazia: l’ordinazione sacerdotale del diacono Mino.
Nel Vangelo di oggi Gesù rivolgendosi ai capi dei sacerdoti e agli anziani della comunità, potremmo dire a noi che ci sentiamo buoni cristiani, domanda: “Che ve ne pare?” Chiede cioè un parere circa l’atteggiamento di due figli di un medesimo padre. Due figli che essendo dello stesso padre entrambi erano a sua immagine e somiglianza proprio come tutti noi che essendo tutti figli di Dio siamo fatti tutti a Sua immagine e somiglianza, quindi pieni di una dignità che viene da Lui e anche del dono della libertà che ci fa dire sì o no alle proposte che il Padre ci fa.
Ebbene, ad entrambi i figli, Gesù propone di andare a lavorare nella sua vigna. Il primo dice no, non ne ho voglia … non ha paura del padre, ci discute pure con lui … ma poi si pentì e vi andò. Probabilmente davanti all’amore che aveva sperimentato da parte del Padre non riesce ad essere indifferente, a lasciarlo solo a lavorare nella vigna. Il secondo invece dice subito di sì “Ma non vi andò”. Per paura disse di sì, con una obbedienza formale disse di sì ma non si sentiva amato e non amava e quindi alla fine non andò. Gesù chiede: “Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?” Facendo porre i suoi interlocutori ed anche noi, questa sera, come “terzi”, come altri che giudicano i due figli è facile dire: “Il primo”. È una risposta giusta e vera. Davanti alla quale, però, Gesù non si accontenta ma davanti ai suoi interlocutori “capi dei sacerdoti e anziani della comunità” che rischiavano proprio loro di vivere una fede fatta più di obbedienza formale alla Legge che di obbedienza-risposta di amore all’Amore … Gesù dice: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio”. Infatti voi, alla predicazione di Giovanni non avete creduto e non vi siete convertiti mentre i pubblicani e le prostitute sì mentre voi, che avevate visto queste cose, per le quali era molto più facile credere, fissati nella vostra religiosità superficiale, in un atteggiamento religioso che non è fede, credevate di sapere tutto, di essere giusti e non vi siete convertiti!
Caro Vincenzo, cari fratelli e sorelle, la domanda che Gesù pose ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, questa sera la pone anche a noi. Logicamente viene facile anche a noi rispondere come fecero loro ma è altrettanto facile cadere nel loro peccato, nel pensare di essere giusti e non aver bisogno di convertirci.
Caro Vincenzo questa sera giungi al diaconato dopo una vita non semplice iniziata a Santa Maria del Cedro in provincia di Cosenza, che poi continuò a Roma, nelle borgate dove hai conosciuto la povertà materiale ma anche la ricchezza di tanta gente povera ma solidale, dopo aver messo su famiglia con la tua magnifica Anna, aver lavorato sodo – come del resto continui a fare – nella tua impresa di giardinaggio, mentre hai cresciuto e stai crescendo i tuoi figli e nonostante tutto ti sei donato insieme alla tua sposa per altri giovani che come quando tu eri ragazzo hanno bisogno anche qui a Corcolle di chi gli dia speranza, di chi li aiuti a non farsi rubare quell’unica speranza affidabile e che non delude in un mondo di precarietà e di pochi valori veri che è Dio stesso che tu non soltanto hai e continui a trasmettere nelle varie attività parrocchiali a partire dall’Oratorio dedicato al Beato Pino Puglisi ma anche formandoti appassionatamente nello studio della Teologia.
Giungi dunque al diaconato, ma non vorrei però – so bene che non è così – che questa sera tu ti sentissi un arrivato. Un po’ come il secondo figlio della parabola evangelica. Sicuramente questa sera non è così ma te lo dico per esperienza personale: la tentazione di passare da questa parte dopo tanta strada potrebbe venire. Che tristezza vedere tanti preti, diaconi, cristiani … che fatti a immagine e somiglianza di Dio non sentendo più la bellezza dell’essere figli non sanno più avere un rapporto vero con Dio, anche conflittuale se vuoi …, ma vero. Non sanno più percepire il suo amore e quindi anche se apparentemente accettano di andare a lavorare nella vigna del padre poi di fatto non vanno. È facile, caro Vincenzo, saper essere tra i terzi che sanno quale atteggiamento sia anche giusto ma è difficile vivere questa giustizia!
Affinché, dunque, il tuo diaconato sia bello e sempre vero ti invito a meditare spesso il brano paolino che la liturgia di questa sera ci propone come seconda lettura. Nella sua seconda parte ci viene proposto il bellissimo inno cristologico che Paolo scrive ai Filippesi dove si esalta la spogliazione di un Dio che pur sapendo di essere Dio si è umiliato incarnandosi, accettando di morire della morte più infamante che potesse esistere: quella di croce. Ma proprio per questo Dio lo ha esaltato, lo ha risuscitato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”
Guarda dunque continuamente a Cristo, al mistero del suo farsi servo, schiavo per amore, diacono per noi e conformato sacramentalmente a Lui da questa sera, come l’Apostolo Paolo chiese ai suoi cristiani di Filippi, anche io chiedo a te di rendere piena la mia gioia di Pastore, di Successore degli Apostoli per questa Chiesa. Lo chiedo a te e a tutti i sacerdoti, diaconi, i credenti di questa Chiesa che il Signore mi ha dato da servire. Collabora a rendere piena la mia gioia portando frutti di carità, vivendo e promuovendo la comunione, sentimenti di amore e compassione vicendevole, promuovendo un unico modo di sentire che deve essere quello di tutti i cristiani: il sentire del Vangelo, della carità, del rimanere unanimi e concordi, del non far nulla per spirito di rivalità e vanagloria ma – rimanendo umile, cioè aperto al dono che Dio anche questa sera ti fa -, considera e aiuta sempre tutti a considerare gli altri superiori a se stessi, a non cercare i propri interessi ma quelli altrui.
Tra poco, ti consegnerò il libro dei Vangeli non soltanto perché da questa sera in poi potrai proclamare il Vangelo nelle celebrazioni liturgiche ma perché esso diventi la tua vita e la tua vita diventi sempre più “Vangelo vivente” che sappia chiamare a conversione. Sii tu stesso Vangelo di amore e di carità per tutti affinché tutti, attraverso l’incontro con te, sappiano volgersi a Cristo che tu stesso hai incontrato, che ti ha amato, davanti al quale ti sei convertito e che questa sera, in maniera nuova, definitiva, permanente, alla maniera dei diaconi nella Chiesa ti dice: “Vai a lavorare nella mia vigna”!
Maria, la Vergine del sì, dell’Eccomi, della disponibilità piena a fare la volontà di Dio e a portare il Vangelo con la gioia della propria vita, interceda per te, per il tuo nuovo ministero nella Chiesa, per la tua famiglia, per questa Parrocchia e per tutta la nostra Chiesa Tiburtina che cammina sotto la potente intercessione del diacono Lorenzo che per amore di Cristo, dei poveri e della Chiesa diede la vita senza esitazione. San Michele Arcangelo, patrono di questa comunità, difensore della fede in Dio contro Satana, sia sempre difensore nel tuo servizio diaconale. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli